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Immagine del redattoreSerenditipi

K-DRAMA: It’s Okay to Not Be Okay



Questo drama ha avuto un gran successo e mi dispiace un po’ essere la voce fuori dal coro dicendo che a me non ha fatto impazzire. O meglio, ce ne sono di migliori che meriterebbero più attenzione (sugli stessi temi mi viene in mente It’s Okay, That’s Love, 2014).

It‘s Okay to Not Be Okay, trasmesso da Netflix nel 2020, ha incrementato l’interesse già crescente verso i drama sudcoreani. Tra i titoli stranieri che Netflix propone, spiccano sempre di più quelli provenienti da questa regione, e insieme al successo del k-pop, la korean wave tocca vette sempre più alte.


La trama è intensa. Moon Gang-tae (Kim Soo-hyun) e Moon Sang-tae (Oh Jeong-se) sono due fratelli che hanno perso la madre in un tragico omicidio. Avvenimento, questo, che lascia una profonda cicatrice in Sang-tae che deve già affrontare la società come ragazzo autistico. Gang-tae, il fratello minore, ha quindi la responsabilità di entrambi ed è costretto a cambiare spesso lavoro, sempre all’interno di cliniche psichiatriche. Nella loro vita entra a far parte Moon-young (Seo Ye-ji), autrice di libri per bambini, di cui Sang-tae è grande fan. Anche lei è segnata dal suo passato e il legame tra i tre riuscirà pian piano a dissipare i traumi che li hanno perseguitati negli anni.


Ci sono diversi aspetti da considerare.

Per iniziare: la storia d‘amore tra Moon-young e Gang-tae. Onestamente non ho percepito nessuna chimica tra loro due. Le scene a rallentatore sono quelle che ci aiutano solitamente a sentire la tensione tra i protagonisti, ma nei loro primi incontri stanno semplicemente fermi. Nessun effetto speciale: loro, uno davanti all’altra a guardarsi, come due pali. Più che creare pathos a me hanno sinceramente causato molto disagio. Altro che “sorriso triste”, Kim Soo-hyun ha proprio una faccia monolitica.



Al di là di questo, il personaggio è molto coerente. Afflitto dai sensi di colpa verso il fratello decide di fustigarsi per il resto della propria vita, finché non capisce che può anche vivere serenamente il rapporto con lui e continuare per la sua strada. Bene. Non mi è molto chiaro come possa essere Moon-young a farglielo capire. Il suo personaggio è volutamente capriccioso e sgarbato, e questo ci sta tutto, ma non afferro il momento in cui i due entrano realmente in sintonia.

L’ambientazione fiabesca, a tratti horror, è molto intrigante e ben realizzata. Soprattutto lo stile dei disegni delle fiabe è bellissimo, e queste si inseriscono bene all’interno della storia.


Ho apprezzato la caratterizzazione dei personaggi, con grande merito anche di Oh Jung-se che ha interpretato il proprio ruolo davvero bene. La crescita personale dei due protagonisti durante il drama è notevole. Seguiti ovunque da Joo Jae-so (Kang Ki-doong), che vuole davvero essere uno Hyung per Sang-tae, ma Gang-tae mantiene comunque una sorta di muro (probabilmente perché non vuole coinvolgere anche lui nel suo modo di vivere “da nomade”); eppure penso che il vero motivo sia perché la storia d‘amore da che mondo e mondo attira di più rispetto a una sana amicizia, e ovviamente perché solo l’amore poteva spezzare le catene della dipendenza di Gang-tae dal fratello.

Sì, lo so, la storia d’amore attira anche me, ma sarà che loro non mi trasmettono alcun sentimento tale da spingermi a elevare il rapporto di amicizia tra Gang-tae e Jae-so.


Tutti i personaggi all’interno della clinica crescono e affrontano i propri traumi, le proprie sfide. Molto divertente è la storia di Kwon Ki-do (Kwak Dong-yeon), il paziente VIP, con una scena evidentemente esagerata ma liberatoria e leggera. Come anche i due fidanzati, la donna che ha perso la figlia, e tutti gli altri, le loro storie secondarie sono state trattate con la giusta attenzione senza distaccarsi troppo da quella principale (a differenza di alcuni drama in cui mi è capitato di trovare la storia dei personaggi secondari un po’ pesante e pensare ma a me... che me ne frega?).


Beh, inutile dire che ci sono state anche altre cose che mi hanno fatto apprezzare questo drama…



Ormoni a parte. Mi è piaciuta tantissimo la OST. Ora, è anche vero che io avevo (ehm ehm, ho ancora in realtà) le canzoni degli A.N.JELL sul telefono, però non male davvero.


Ciò che merita davvero attenzione, comunque, è il tema che viene affrontato, ovvero l’approccio verso i problemi psicologici, soprattutto se consideriamo il contesto sociale della Corea del Sud, dove si tratta di un argomento tabù.


1 comentario


Iryna Shulhach
Iryna Shulhach
19 feb 2021

'Okay, That's love' è imbattibile a parere mio

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