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Immagine del redattoreSerenditipi

K-DRAMA: Chicago Typewriter

I discorsi riportati in questa recensione sono conversazioni realmente avvenute


Per una serie di strane coincidenze, io e Saeccho abbiamo realizzato che potevamo riprendere le nostre vecchie abitudini di guardare drama anche a distanza.


Saeccho: Ho iniziato la prima puntata di Chicago. C’è Yoo Ah-in e anche Go Kyung-pyo. Ci siamo capite?

Serenditipi: Ok, ne sto finendo un altro ma ti seguo a ruota.


**cinque minuti dopo**


Saeccho: Unnie! C’è. Chimica. Tra. I protagonisti.

Serenditipi: Ho capito, ho capito, recupero!



Mi è sembrato di aver visto tre puntate in mezz’ora, ancora mi chiedo come abbia fatto a recuperare Saeccho così velocemente mentre lei prendeva il largo! Per nulla un buon inizio per vedere una serie in sincrono.


La storia di Chicago Typewriter (Corea del Sud, 2017) segue le vite di tre personaggi in due diversi periodi storici e per questo motivo i tre protagonisti interpretano anche i corrispettivi personaggi nella vita passata.


Seo Hwi-young (Yoo Ah-in) era uno scrittore che viveva durante l’occupazione giapponese della Corea (1930 ca). Si reincarna in un un famoso autore di romanzi chiamato Han Se-joo.

Nel presente, Se-joo è depresso e il blocco dello scrittore gli impedisce di completare la sua nuova opera.


Riceve in regalo una misteriosa macchina da scrivere degli anni Trenta, e inizia ad avere delle visioni sulla sua vita precedente. L’editore, preoccupato per il blocco di Se-joo gli propone di assumere un ghostwriter – uno scrittore segreto che completi il romanzo al posto suo. Nonostante il Se-joo si rifiuti, iniziano a circolare sulla rete i capitoli della sua nuova opera, che lo scrittore però non ricorda di aver mai scritto.


A scriverli al suo posto è infatti Yoo Jin-oh (Go Kyung-pyo), un vero e proprio scrittore fantasma, che narra le vicende della vita passata con l’intento di recuperarne i ricordi mancanti – tra cui il mistero della sua morte (e mancata reincarnazione).





Jeon Seol (Im Soo-jung) è un’appassionata lettrice e fan numero uno di Se-joo. Sarà proprio lei la fattorina a recapitare la macchina da scrivere all’autore, trovandosi fra una scenetta comica e l’altra a stringere un legame con lui e innescando una serie reminiscenze sulla resistenza coreana al dominio giapponese.


L’incontro iniziale tra i due protagonisti avviene, come in molti drama, con dinamiche stravaganti e quasi insensate, ma senza queste mi vien da dire che non sarebbe un vero drama.


Nella timeline presente, Se-joo potremmo dire che è simpatico quanto della sabbia nelle scarpe. Sembra non fidarsi di nessuno, pare ossessionato dall’avere dei “fan insistenti” (sasaeng) alle calcagna… eppure lascia entrare in casa chicchessia!


Voglio dire: prima Se-joo non vuole fare entrare in casa Jeon Seol, poi le permette di riposare in camera sua, poi sparisce lasciandola da sola. E fa la stessa cosa anche col fratellastro Baek Tae-min (Kwak Si-yang)! Massì, lasciamo girare chiunque indisturbato per casa. Ok.



Superate le prime puntate con effetti speciali clamorosi che anni Novanta scansatevi, ne arrivano delle altre in cui i personaggi “cantano” in playback ma senza traccia sonora del cantato. Esatto: c’è la musica, muovono le labbra, ma nessun suono esce dalla loro bocca. Interessante.


La storia ambientata nel passato è ben strutturata e forse viene fuori un po’ troppo lentamente, sebbene la chimica tra Han Se-joo e Jeon Seol sia pazzesca e faccia emozionare fin da subito.

Sarebbe stato semplicemente perfetto se fossero riusciti a mantenere la stessa qualità di scrittura per i personaggi del presente.

Il loro rapporto dovrebbe essere il punto forte che da continuità alla vita precedente, ma questo non viene fuori, anzi, si arriva a chiederci quali siano i buoni motivi per questa coppia moderna di stare insieme, a parte il legame ancestrale.


Sto ancora cercando di capire se il loro primo appuntamento possa definirsi tale: un secondo prima Han Se-joo la scaccia, un secondo dopo la porta a cena fuori. Why?



Eppure nella storia del passato, il loro bacio è di un’intensità così travolgente!

Infatti, continuano a riproporre sempre lo stesso flashback in loop, perché a paragone gli altri sembrano baci tra fratelli.


Anche quando le si rivela la presenza di un vero e proprio fantasma, Jeon Seol dimostra una capacità di esprimere emozioni pari a quella di Kristen Stewart in Twilight: ma io dico, hai un bicchiere che ti fluttua davanti… potresti anche sorprenderti un poco!


Nota di merito invece va all’antagonista ossia il fratellastro, che con picchi inquietanti degni di un buon cattivo lancia gatti, spreme gli occhi fuori dalle orbite a comando, e fa tante altre cose cattivello pazzerello.


La pole position la vince senza dubbi l’elemento bromance fra Han Se-joon e Yu Jin-oh. Anche se non è ai livelli di Goblin regala momenti divertenti e anche emozionevoli.


La lentezza nel rivelare la trama completa del passato permette allo spettatore di ricamare tutti i possibili intrighi e risvolti – in soli tre giorni condensati di messaggi vocali avevamo inventato almeno dieci finali alternativi – anche se a un certo punto avrebbero potuto fare andare avanti la trama con più stile invece di riempire momenti con il nulla. Cioè, vogliamo parlare della tristezza della scena in cui lavano il cane tutti insieme allegramente?


Ma la vera domanda alla fine di questo drama è: come cavolo è possibile che lui si spara un colpo dritto in testa e riesce a tirare fuori la foto dal taschino e a dire le ultime parole dopo che un proiettile gli ha attraversato il cervello da una parte all’altra!?



Nel complesso è un bel drama, che riesce a coinvolgere e a fare emozionare, soprattutto per quanto riguarda la parte storica, ma la fine mi ha lasciato un po’ di amaro in bocca. Forse l’elemento su cui si poteva e doveva puntare di più è quel salto nel passato, proprio perché ripercorre una parte di storia della Corea molto ricca e che avrebbe molto di più da dire. Certo, forse avrebbe appesantito troppo quell’atmosfera più delicata e romantica che ci spinge a guardare tutte le puntate in un giorno solo, ma credo che un buon drama possa fare anche questo: far riflettere con leggerezza.


Inutile dire quanto mi sia piaciuta la canzone Satellite di Saltnpaper che ho prontamente aggiunto alla mia playlist. Devo ammettere che di sua mi era piaciuta anche Look At nel drama Doctor John. Chiaramente trattasi di mio gusto, o probabilmente perché a furia di sentirle almeno dieci volte a puntata mi sono iniziate a piacere a forza di cose!


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