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Film da leggere: Burning vs Granai incendiati


 

Burning – L’amore brucia (2018) del regista Lee Chang-dong è un adattamento del racconto Granai incendiati (1984) di Haruki Murakami, presente nella raccolta di racconti L’elefante scomparso e altri racconti edito nel 2001 da Baldini e Castoldi e ristampato nel 2009 da Einaudi.


Murakami ha la capacità di gettare il lettore in un mondo di riflessioni, fra sensazioni profonde che solleticano il buio dell’anima, immergendolo in inquietudini e nostalgie con estrema leggerezza. Riesce a farlo anche in una manciata di pagine. Sono infatti una ventina quelle che danno spazio a questo racconto, e in poche battute riesce a delineare tre personaggi enigmatici.


Il protagonista, uno scrittore di trentuno anni sposato, frequenta una ragazza di undici anni più giovane che studia pantomima. Un giorno lei parte per l’Africa e al suo ritorno è accompagnata da un nuovo fidanzato, che il protagonista inquadra come una sorta di “Gatsby”. Dei tre personaggi non conosciamo neanche il nome, eppure attraverso i loro vezzi e i dialoghi riusciamo a sentire il peso del loro essere.


I tre si incontrano diverse volte e un giorno si ritrovano a casa dello scrittore a bere e a fumare erba. Quando i due uomini rimangono soli ad ascoltare musica, il fidanzato confessa allo scrittore di avere l’abitudine, di tanto in tanto, di bruciare granai e che presto ne avrebbe bruciato uno in quella zona. Dopo quella conversazione lo scrittore, intrigato, passa in rassegna la mappa circostante e controlla giornalmente i granai che potrebbero coincidere con la descrizione dell’uomo. L’immagine del “granaio incendiato” inizia a ossessionarlo tanto da pensare di dargli fuoco lui stesso:


«a volte mi dicevo che per stare ad aspettare che lui si decidesse, tanto valeva che strofinassi io un fiammifero, facevo prima» (p. 40)


È così coinvolto dal pensiero dei granai che quasi non fa caso al fatto che abbia perso i contatti con l’amica.

Dopo poco più di un mese, lo scrittore si imbatte di nuovo nell’uomo e, superate le chiacchiere di circostanza, gli domanda se alla fine ha incendiato il granaio. L’uomo conferma di averlo fatto e, prima di salutarlo, gli chiede se per caso ha avuto più notizie della ragazza. Di lei pare non esserci più nessuna traccia. Lo scrittore proverà a cercarla senza alcun esito, finendo per dimenticarsene perché totalmente assorto nel pensiero dei granai incendiati.


Questa indeterminatezza di fondo la rende una storia che si presta a diverse interpretazioni, e il regista Lee Chang-dong ha trovato perfettamente la sua: è riuscito ad amplificare le emozioni e i caratteri dei soggetti, vedendo in quei granai incendiati il fuoco della passione che brucia nell’animo del protagonista, ma anche l’ardore della giovinezza, delle speranze che vengono spezzate sotto il peso di una società estremamente stratificata e selettiva, dove risulta difficile ed esasperante trovare il proprio spazio. Il regista plasma i tre personaggi per soddisfare le esigenze della propria narrazione.


Lo scrittore, che nel racconto è un uomo sposato e non particolarmente interessato alla ragazza, nella pellicola diventa Lee Jong-su (Yoo Ah-in), un giovane aspirante scrittore, che dopo aver incontrato la sua vecchia vicina di casa Shin Hae-min (Jeon Jong-seo) e aver consumato un rapporto sessuale con lei, ne diventa ossessionato.


Poco dopo il loro incontro lei decide di partire per l’Africa affidandogli il suo gatto, una presenza simbolicamente eterea come la proprietaria, tanto che viene da dubitare della sua reale esistenza.


Quando lei torna dal viaggio in Africa accompagnata dal suo nuovo fidanzato Ben (Steven Yeun), Jong-su è visibilmente infastidito dalla sua presenza. Nel testo non viene fuori, anzi, sembra che lo scrittore sia incuriosito se non addirittura affascinato da questi. Quando Hae-mi sparisce, Jong-su sarà divorato dalla smania di ritrovarla, di trovare il granaio incendiato, fino a pedinare Ben.


Si tratta di tre personaggi indubbiamente ambigui.



Jong-su è un giovane che viene dalla campagna che ambisce a diventare scrittore, ed è tormentato dal desiderio per Hae-min, e questo diviene evidente nelle scene in cui ogni volta che va a casa della ragazza per prendersi cura del gatto, arriva a masturbarsi rievocando la sua presenza.


Hae-min riconosce Jong-su per strada e dice di essere una sua vecchia vicina di casa (di cui lui non si ricorda). È una ragazza un po’ sui generis, che vive di espedienti e ha un modo di vivere dissoluto, libero, leggero.


Infine, c’è Ben che nel film è un uomo ricco, circondato da un alone di mistero, reso soprattutto attraverso il sospetto di Jong-su.



La trasposizione cinematografica spinge su una tematica molto sentita in Corea del Sud, che trova sempre più spazio nel cinema e sul piccolo schermo: la differenza tra classi sociali. Ancora più recente, sempre su questo tema, è infatti l’opera Parasite, che ha meritato l‘Oscar e il Golden Globe come miglior film straniero insieme a svariati premi.


In Burning questo aspetto viene fuori non solo attraverso una minuziosa attenzione nel delineare la psicologia dei personaggi ma anche attraverso dei sottili richiami: «Il numero crescente di sperequazioni sociali, situazioni conflittuali, di squilibri mentali e di suicidi dovuti alla crisi economica, porta a una situazione incendiaria che si riflette fin dal titolo, ma che trova corrispondenze lontane anche nell’opera di Faulkner, in particolare con il suo Barn Burning. Corrispondenze invisibili, sottili, ma forti e persistenti, volute dallo stesso Lee Chang-dong» (Francesco Boille, Internazionale).


Per quanto riguarda il racconto, invece, la distorsione della realtà in cui il lettore viene catapultato viene annunciata all’inizio del racconto, mentre la ragazza “sbuccia i mandarini”. Nell’osservarla fingere di sbucciare i mandarini, lo scrittore viene totalmente trasportato dalla pantomima della ragazza:


«avevo l’impressione che il senso della realtà venisse risucchiato dall’ambiente intorno a me» (p. 27)


E proprio come lui, il lettore vaga all’interno della storia cercando di ritrovare il senso della realtà, immortalata in un quadro tanto breve quanto complesso.


Cosa rappresentano quei granai incendiati?


«Forse è un modo un po’ strano di vedere le cose, […] ma al mondo ci sono innumerevoli granai, che mi danno tutti l’impressione di stare solo ad aspettare di essere incendiati da me. […] Insomma, granai di tutti i generi. In un quarto d’ora si riducono in cenere. Come se non fossero mai esistiti. Nessuno se ne rattrista. Spariscono così.» (p. 36)



Come le persone invisibili, che entrano nella nostra vita regalandoci quiete, tranquillità, o che al contrario ci stravolgono la vita, ma rimangono presenze così leggere da riuscire a dissolversi davanti ai nostri occhi, senza neanche rendercene conto. Perché proprio come dice Ben:


«Succede. Di non accorgersi di ciò che è troppo vicino» (p. 42)


Persone invisibili perché non si inseriscono nella normalità dettata dalla società, ma vivono inseguendo le proprie aspirazioni, vivono il momento, vivono fuori dagli schemi, proprio come fa Hae-min.


Persone che vengono offuscate dalle ossessioni, da ciò che sfugge alla nostra razionalità.


Dietro questa storia si nasconde una realtà che non si riesce a cogliere, che prende fuoco come quei granai e che si trasforma in tante realtà diverse. Tutto attraverso l’occhio di un protagonista disinteressato dalla vita che gli scorre intorno e allo stesso tempo arso da essa.


 

Riferimenti:

  • Internazionale

  • H. Murakami, L’elefante scomparso e altri racconti, Einaudi, Torino 2013

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