↬ I discorsi riportati in questa recensione sono conversazioni realmente avvenute ↫
Saeccho: Ok, ho il primo episodio pronto per dargli “Play” e... mi sono appena accorta che sono quaranta episodi.
Unnie, quaranta.
Serenditipi: Che vuol dire quaranta? Cosa mi stai dicendo?!
Saeccho: Sto dicendo che ho il primo episodio davanti ma pensavo fossero solo sedici episodi… sai… invece sto notando che sono quaranta da quaranta minuti l’uno.
…
Serenditipi: … vabbè. Iniziamo va’!
Saeccho: Sicura?
Serenditipi: Andiamo.
Saeccho: No, dico sicura, sicura? Non è che poi iniziano a urlare, a masticare a bocca aperta, ad affliggerci con ralenti infiniti di ragazze baffute e anziani in ciabatte?
Andiamo.
Giovani, cinesi, famiglie difficili, ormoni in subbuglio, tagli di capelli discutibili.
Go Ahead è un drama familiare del 2019 che vanta ben 46 episodi (o 40 su Viki) incentrati su un trio di adolescenti e le loro famiglie. I protagonisti sono Jian Jian (Seven Tan), Ling Xiao (Song Wei Long) e Zi Qiu (Steven Zhang) che, facendo finta di aver riconosciuto il sesso di questi personaggi dal loro nome, ci invitano ad assistere alla loro vita durante l’arco dai cinque ai trent’anni, in cui si sussegue un indifferente numero di sfighe e tragedie che nulla ha da invidiare ai vicini coreani.
Jian Jian è una ragazzetta allegra e spiritosa, orfana di madre e amorevolmente allevata dal padre Hai Chao, proprietario di un ristorante di noodles meglio definito come Genitore 1 della nostra storia. I due vivono nel tipico quartiere di periferia di Xiamen, circondati da anziani in ciabatte (per davvero) e bellissimi squarci di architettura tra il decadente e il manga in 3D.
Nel loro palazzo si trasferisce una famiglia, quella di Ling Xiao, dove i logoranti litigi fra i coniugi a causa della morte della figlia minore spingono il bimbo a passare la maggior parte del tempo nell’androne del palazzo a leggere fumetti. La madre di Ling Xiao – attenzione, questo è decisivo – in preda a una crisi nervosa decide di abbandonare il marito e scompare nel nulla.
Ling Xiao resta allora con suo padre He Ping, definito Genitore 2, e stringe amicizia con la vicina di casa Jian Jian, dove il cibo è sempre caldo in tavola e può sentirsi semplicemente un bambino come altri. Contemporaneamente Genitore 1 esce dal lutto e frequenta una giovane madre single. Senza tanti giri di parole questa donna le appioppa il figlio Zi Qiu, prende dei soldi in prestito e scappa.
Ah,
queste donne cinesi.
I nostri tre piccoli amici crescono insieme come parte di un’unica famiglia capitanata da Genitore 1 & 2, perfetto esempio di genitorialità bilanciata e attenta senza un necessario legame biologico. Sarebbe sciocco ritenere spoiler il rivelare la presenza di un fallimentare triangolo amoroso tra Jian Jian, Ling Xiao (quello bello ma freddo) e Zi Qiu (quello altrettanto bello ma troppo simpatico per essere il first lead).
Niente di nuovo neanche dal punto di vista della costruzione dei personaggi: da una parte abbiamo Jian Jian ragazza eccentrica, estroversa e disinteressata allo studio (abbraccerà la carriera artistica come scultrice); dall’altro i due cavalieri talentuosi e amorevoli, entrambi segnati dal trauma dell’abbandono materno. Che poi tanto abbandono non è, visto che entrambe tornano nella loro vita nel peggiore dei modi.
Sebbene Ling Xiao ricalchi l’archetipo del first lead asiatico – numero uno in tutto e incredibilmente intelligente – possiamo dire che una piccola novità è stata introdotta dalla infelice parola: depressione.
Ling Xiao è forse uno dei pochi – e unici – esempi di first lead giovane ma depresso. È schivo, ha occhi solo per Jian Jian e non si preoccupa di nasconderlo (**indimenticabile la scena in cui Jian Jian ha il menarca e lui le regala un reggiseno per congratularsi**) eppure soffre di attacchi di panico, insonnia e prende psicofarmaci. È indubbiamente un “ragazzo interrotto”, maledetto dalla morte della sorella e dall’abbandono della madre. Non esattamente una cosa che si vede molto in giro nei drama asiatici.
Zi Qiu invece è più convenzionale: un second lead simpatico, allegro e ovviamente nelle grazie della protagonista. Diventerà pasticcere, il che non ci sorprende visto che è il mestiere per eccellenza del second lead.
Il punto forte di questo drama è sicuramente l’aria di familiarità casalinga che emana il set e il rapporto tra i tre personaggi e, nonostante gli attori non abbiano particolarmente brillato per le loro doti recitative, l’alternanza di momenti comedy, romance e drama rende le prime ventisette puntate molto intrattenenti.
Vengono trattati tanti temi, come il trauma infantile, il significato del termine famiglia come costrutto sociale piuttosto che semplice legame di sangue; l’importanza del difendere l’infanzia dagli orrori della vita adulta, i sacrifici che bisogna affrontare per dare un buon livello di vita ai propri figli, il rovesciamento del ruolo di genere donna = madre con essere-vivente-non-importa-il-suo-genere-sessuale.
I vari personaggi hanno il tempo di svilupparsi di pari passo alla loro crescita (da bambini ad adulti) e la narrazione si mantiene sulla linea di vita realistica, quindi per chi stesse cercando un drama che fa tenere il fiato sospeso… questo non è il genere adatto.
Ci sono anche numerosi momenti di skinship, meravigliosamente giostrati con la storia dei tre adolescenti cresciuti sotto lo stesso tetto, figli degli stessi genitori ma senza alcun legame di sangue.
Qual è, allora, il problema di questo drama?
Innanzitutto: la sigla è un orrore.
Potrebbe benissimo entrare nei Guinness dei primati per il più alto numero di spoiler possibili. Praticamente è il riassunto del drama concentrato in 2 minuti… e te lo devi sorbire all’inizio di ogni episodio.
Sicché arriva quel naturale momento di brivido sulla schiena quando lo spettatore si rende conto di aver già visto i momenti salienti della storia (cioè quelli della sigla), per poi dedurre che una volta terminate le scene spoilerate resterà ben poco della trama in sé.
Ed è esattamente quello che succede: a partire della seconda metà il drama precipita in un noiosissimo susseguirsi di sfighe & drammi fino allo sfinimento. Il first lead vince il cuore della protagonista, ma è dannato dalla sua madre bipolare che piomba nella sua vita a gamba tesa, i piccioncini si innamorano senza manifestare il loro amore, il second lead si “accorge” di non essere più innamorato come per magia – ed ecco che i protagonisti vengono totalmente oscurati da quelli che inizialmente erano i secondari (un manipolo di soggetti poco interessanti) fino al raggiungimento dell‘eclisse completa intorno al trentesimo episodio.
Miei carissimi scrittori cinesi:
Ma che me frega a me della vita di un personaggio secondario?
Ma damme la romance,
i batticuori e le scenette divertenti per concludere la giornata!
Secondariamente, la eroina principale Jian Jian è insopportabile, scialba, incoerente, noiosa. Sicuramente non è facile per un’attrice di trent’anni interpretare una di sedici, ma il problema viene proprio quando il personaggio diventa adulto: lei continua a starnazzare esattamente come prima. Non importa che l’amore della sua vita (Ling Xiao) finalmente confessi i suoi sentimenti con l’intenzione di sposarla, lei dovrà comunque fare finta di essere scandalizzata (perché sei mio fratello!) per poi repentinamente cambiare idea in un momento non ben specificato.
E la romance? La tensione sessuale tra i personaggi? I bibidibabidi?
Niente, non ci è dato sapere: lei fa la cozza da bambina per poi convertirsi in pezzodelegno (passatemi il termine) da adulta. Tra l’altro con ’sta faccia da costipata.
In ultima istanza, il vero e proprio problema di questa serie sono le Madri che gareggiano a chi è la più stronza del circondario. Entrambe collezionano una lista infinita di abusi e soprusi verso i propri figli, abbandonandoli, ricattandoli e manipolandoli psicologicamente fino all’estremo.
Siamo costretti a sorbirci scene come “Madre-single torna dopo dieci anni dalla sparizione, per dire che in realtà non voleva abbandonare Zi Qiu ma, un giorno litigando con una signora in un negozio questa cade e muore e quindi deve scontare degli anni in prigione, perciò meglio fargli pensare di averlo abbandonato per davvero!”
O Madre-bis cerca di suicidarsi n-volte per mantenere sotto controllo il povero Ling Xiao, una specie di cenerentolo succube delle circostanze infelici in cui si trova.
Insomma. Bene ma non benissimo.
Per fortuna abbiamo la controparte maschile di Genitore 1 e 2 che risollevano il tono delle puntate grazie alla loro adorabile perfezione come coppia domestica.
Questa serie ci aveva attirate per quel potenziale paragone con la saga dei Reply (Corea del Sud, 2012-2016) caduto però nella cesta delle serie a banana © dove l’inizio parte a razzo, poi rallenta inaspettatamente per poi soccombere in una picchiata di melodrammi innecessari, romance evaporata e personaggi sterili.
Un peccato.
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